Carmelita Brunetti

FRAMMENTI DI VOLO

29 marzo – 09 aprile 2014

Galleria FIDIA
Roma 

Testo introduttivo alla mostra “Frammenti di volo” dove la scultrice, ispirata talora dai versi di Alda Merini, realizza opere in bronzo e in legno d’ulivo di grande forza ed empatiche. 

Una poesia, un romanzo, un’opera d’arte fa emozionare e commuovere.
L’arte, si sa, apre sempre a nuovi orizzonti, lascia scoprire noi stessi, immersi nel mare della speranza.

E’ così che Matilde Mancini, ispirata dalla poesia, musa ispiratrice di tutte le arti, e dalla magia che essa evoca, si lascia rapire dai versi di Alda Merini per realizzare opere di grande forza ed empatiche. Un piacere sinestetico avvolge e spinge a entrare in galleria per incontrare da vicino la sue recenti sculture. E’ sempre la materia a esplodere in forme astratte e a superare ogni accademismo.

La serie degli angeli in bronzo, d’ispirazione liciniana, vuol essere sintesi della sua incessante ricerca. Nel presentare queste opere, dal gusto astratto, piace ricordare che in Italia l’affermazione dell’astrattismo nella scultura è stata lenta e progressiva, molti artisti oscillarono a lungo tra figurativo e astrazione.
Con Lucio Fontana nel 1930 ci si avvia verso una vera astrazione con la sua prima personale di scultura astratta, mentre forme sempre più pure furono presentate da Alberto Viani, memore dell’esempio di Arp, più tardi da Pietro Cascella, Pietro Consagra, Arnaldo e Giò Pomodoro.

La Mancini s’impone nella nostra attualità in una condizione di “sospensione”, in una sorta di galleggiamento fra nuove tendenze e tradizione. Con slancio in avanti, verso la sperimentazione, ella crea sculture che affermano un’arte essenziale e sociologica, interessata allo spirituale, al metafisico, dunque priva di quel senso di assolutezza che aveva caratterizzato il formalismo del passato.
Il suo pensiero si riflette e concretizza in forme scultoree dai tagli netti e rigidi. Gli “Angeli” sembrano vibrare ed emettere musicalità come gli angeli di Paul Klee, ma lasciano anche percepire una grande tensione e un senso di inquietudine che porta a riflettere sul malessere sociale.

Estremamente raffinati, appaiono come iconografie spirituali e speciali; sono gli angeli che ci accompagnano nella vita terrena e proteggono dal male, sembrano dei nuovi “totem” della nostra contemporaneità, afflitta da troppi mali.
Le immagini create per questa collezione vogliono essere la sintesi di fenomeni naturali, oltre che culturali, forme che intendono convincerci della realtà, se non addirittura della familiarità, di un mondo spirituale e reale fatto di angosce e vana speranza, quella speranza di cui ci parla nei suoi scritti anche Shakespeare.

Il riferimento al reale non impedisce all’artista di esprimersi attraverso volti di donne che sembrano maschere, un modo di velare e mascherare la realtà sofferente. Il materiale che usa non è solo il bronzo ma anche il legno di ulivo, che nutre la suggestiva e inedita serie del 2013 intitolata “Memorie del bosco”, tra cui troviamo quella dal titolo “Io ero un uccello”, dedicata ad Alda Merini, che è un’opera poetica, una metamorfosi della donna-uccello, con ali tarpate, invocante la libertà; “pensiero notturno” o “canto silenzioso” riconducono invece l’osservatore alle radici e alla riscoperta del senso di appartenenza a un luogo. Questi lavori sono forme materiche che s’impongono nello spazio grazie all’uso di materiali reali e ad uno spazio reale, dove ogni forma corrisponde alle sue finalità strutturali e alla ricercata armonia estetica, elegante e a volte anche inquietante. Le “memorie del bosco” sono per l’artista, come lei stessa riferisce, “uno scrigno pieno di memorie antiche ed emozioni ataviche”.